La razza che abita l'Abruzzo da Enrico Abbate, Guida dell'Abruzzo, 1903

di Silvia Scorrano

 E vigorosa è la razza che abita l’Abruzzo. Qui s’incontrano ancora i veri e genuini pastori degli antichi tempi. Da più che mille anni essi non hanno punto cambiato costumi e usanze, poiché anche il loro culto cristiano non è che paganesimo leggermente inverniciato. Son belli e forti, abbronzati e aitanti della persona, ma d’animo mite assai: passan l’estate sotto una leggera capanna di paglia col can da lupo per compagno ed amico, la litografia del santo patrono incollata ad una rupe per protettore, e per diletto l’istrumento di Pane, la stridula zampogna, appesa all’ingresso della capanna, mentre le donne nella valle attendono alla casa. D’inverno se l’orso e il lupo si mostran sulle pendici, cambiano il bastone con il lungo moschetto, o bene spesso emigrano a portare nella malsana campagna romana incolta o nell’immenso tavoliere di Puglia le loro greggi o a cercare guadagni in lavori agricoli.

 Sono le parole di Enrico Abbate, tratte da una delle prime Guide turistiche dedicate all'Abruzzo pubblica nel 1903. L'Abruzzo viene identificato con la regione montuosa, gli Abruzzesi con i montanari, una identità che a lungo rimarrà nell'immaginario collettivo ed alimentata anche dalla produzione letteraria le cui tipizzazioni meglio riuscite, come afferma Costantino Felice, diventano il pastore di dannunziana memoria e il cafone siloniano. Le Montagne sono  «i personaggi più prepotenti della vita abruzzese» dirà Silone quarant'anni dopo la pubblicazione della Guida. Volendo fare una lettura in chiave economica delle parole dell'Abbate emerge un sistema economico molto debole, ancorato fortemente al settore primario, peraltro in crisi.  Un Abruzzo subordinato agli interessi dell’economia montana o meglio, riprendendo le parole di Melchiorre Delfico (1788, citato in Clemente, 1981), della pastorizia «assoluta e privilegiata» così come la volle Alfonso d’Aragona in quanto «è l’uomo, il solo uomo, che può far de’ deserti giardini e de’ giardini deserti, e che, se non può cangiare i climi astronomici, può ben cangiarne gli effetti». Le conseguenze di una scelta politica quattrocentesca sembrano aver oscurato altri momenti della vita economica, politica e culturale della regione.

Bibliografia: 

E. Abbate, Guida dell'Abruzzo, Roma, CAI, 1903.
V. Clemente, Rinascenza teramana e riformismo napoletano, 1777-1798. L'attività di Melchiorre Delfico presso il Consiglio delle finanze, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1981.
C. Felice, Le trappole dell'identità, Roma, Donzelli Editore, 2010.
I. Silone, Introduzione alla guida TCI, Roma, 1948,TCI.

 Foto: gentile concessione archivio fotografico della pagina Facebook: Memories: officina dei ricordi e delle immagini