Il culto delle acque: Grotta di Santa Lucia a Farindola

di Antonio Costantini

Una fessura in un banco roccioso estesa in profondità per circa 12 metri costituisce l'antico romitorio di Santa Lucia risalente al XII secolo. Ricordato solo dagli anziani abitanti del monte La Ripa prima delle ricerche di Edoardo Micati che hanno restituito il luogo impervio alla collettività. Gli anziani della contrada furono gli ultimi testimoni del via vai di pellegrini che, ogni 13 dicembre e sino al 1960 circa, giungevano a piedi alla grotta e si bagnavano gli occhi con l’acqua raccolta  in due piccole vasche scavate nella roccia, gli unici segni della presenza dell’uomo; vi era anche una statua lapidea della taumaturga, ricordata da Gabriele Mergiotti (classe 1914) e sicuramente trafugata in tempi non sospetti. L’acqua veniva anche prelevata e conservata a scopo protettivo, ricordando i riti praticati nella vicina cona medievale di Sant' Agata di Campo Mirabello, a Montebello di Bertona, munita di pozzo sacro e oggi praticamente scomparsa, fatta eccezione per alcune porzioni di mura in pietrame. La messa in onore di Santa Lucia veniva celebrata nel piccolissimo spiazzo antistante la grotta, sulla cui sommità si scorgono i ruderi di un fortino italico poi ampliato nel medioevo, il castrum di Peschio Albuino – toponimo longobardo –, che controllava il latifondo tra Montebello e Farindola. In particolare si notano i resti di mura e basamenti circolari e rettangolari di torri di avvistamento. Nelle decime del 1324 è attestata una ecclesiae di S. Lucie de Pesculo, situata proprio nell’antico feudo di Pesculo Alboino, quindi vicino la grotta omonima. Probabilmente si trattava della cappella del castrum medievale e la sua presenza, oltre a quella del villaggio, pare confermata da alcuni ritrovamenti recenti da parte del socio dell’Archeoclub di Pescara Antonio Cantagallo: cocci di ceramica acroma, pezzi intonaco dipinto ma soprattutto un frammento di lamina in rame dorato lavorato a sbalzo con la raffigurazione di San Luca Evangelista (il bue). Quest’ultimo interessante reperto, risalente probabilmente al XVI sec., è stato esposto come prestito temporaneo alla mostra fotografica documentaria MONS DEI. Luoghi e testimonianze di devozione secolare nel territorio farindolese, curata da chi scrive, allestita all’interno del Polo Scientifico del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga (Farindola, via S. Rocco) dal 27 luglio al 31 ottobre 2016.


Note bibliografiche:
Edoardo Micati, Eremi d’Abruzzo. Guida ai luoghi di culto rupestri. Carsa Edizioni, 2000;
AA. VV. Pinna Vestinorum e il popolo dei vestini. Vol. 1. L’ Erma di Bretschneider, 2010;
www.eremos.eu/index.php/abruzzo

Foto: Antonio Corrado e Antonio Costantini

La Grangia di San Giorgio a Roccamorice

di Silvia Scorrano

I resti della Grangia di San Giorgio, in cui dimorò per dodici anni il Beato Roberto da Salle, si trovano in prossimità della Contrada Costa del Colle. Non si conosce la data di costruzione del complesso che si ipotizza opera dei monaci Cistercenzi. Entrata a far parte a far parte dei possedimenti dei monaci dell'Abbazia di Santo Spirito a Maiella il 28 febbraio 1271, venne  utilizzata come magazzino per le derrate agricole e dimora dei religiosi. I terreni della Grancia posti ad un'altitudine inferiore rispetto a quelli di Santo Spirito e in una posizione riparata erano destinati a quelle coltivazioni orticole che non si potevano effettuare nell’Eremo.

Restaurato nel 1980 la Grancia si presenta costituita da una chiesa e da diversi locali disposti a pian terreno, tra cui stalle e refettorio, mentre le camere erano al primo piano. Probabilmente Celestino V non vi dimorò mai, anche se è ipotizzabile che vi si sia recato in diverse occasioni. Vi dimorò, invece, dal 1298 al 1310 il Beato Roberto da Salle, discepolo prediletto di Celestino V, considerato il secondo fondatore della Regola dell’Ordine per l’impegno profuso nella crescita e gestione della comunità monastica.

Il culto delle acque: la sorgente di Riparossa del Beato Nunzio Sulprizio di Pescosansonesco

di Silvia Scorrano

 

Un’esistenza condotta nella cristiana accettazione delle umane sofferenze quella del Beato Nunzio Sulprizio, infermo, allontanato dalla fontana del paese per paura che infetti l’acqua, il giovane trova una sorgente a Riparossa ove si reca a sciacquare le bende e la ferita cancrenosa che ha sulla caviglia. L’acqua che diede sollievo al giovane  è oggi venerata nel Santuario edificato in onore del povero garzone. Una grande vasca a forma di barca, posta dietro l'altare, consente ai fedeli di raccogliere il prezioso liquido.

 

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Il culto delle acque sacre: San Bartolomeo e la Fonte del Catenaccio a Roccamorice

di Silvia Scorrano

Ci lasciasti [San Bartolomeo] ancora la memoria dell’acqua del Fonte Catenaccio,
che chiunque con fede, la gitta dove è il bisogno, 
tu dall’alto dei cieli ci fai scendere le tue benedizioni, e di fatti ne stiamo a vedere la pruova, 
che mercè quest’acqua prodigiosa guarisci le vigne dalla Peronospera;
sana gli infermi, guarisce gli storpi, restituisce la vista ai ciechi, 
ridona la parola ai sordo-muti, consola le povere vedove, 
conforta i pupilli e concede la pace alle famiglie […] (1) .  

Un'acqua sacra, prodigiosa, quella della Fonte del Catenaccio, scaturita secondo la tradizione per opera dello stesso Celestino V: 

«Si narra che Pietro avesse lanciato il catenaccio della porta nel fosso sottostante e, sulla pietra, sarebbe rimasta l’impronta del catenaccio dalla quale, miracolosamente, sarebbe sgorgata quell'acqua fresca e leggera che non ha mai smesso di scorrere. A quell'acqua è stata sempre attribuita una capacità taumaturgica, documentata nelle storie del paese e nella vita di Pietro Celestino» (2) .

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Il culto delle acque: la fonte del Garzillo a Lettomanoppello

di Acque Sacre

Nel territorio di Lettomanoppello, l'acqua della Fonte del Garzillo, grazie all'intercessione dell’Arcangelo Michele, veniva considerata terapeutica. Bellotta e Giancristofaro (1999, p.225) ricordano che: 

L’8 maggio, gli abitanti di Lettomanoppello si recano, per antica consuetudine, presso una grotta dedicata al culto di San Michele Arcangelo. Sotto la grotta scorre l’acqua proveniente dalla Fonte del Garzillo, la cui origine viene attribuita dalla tradizione ad un intervento diretto del Santo.

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Il culto delle acque: l'acqua di Santa Lucia a Collecorvino

di Acque Sacre

 Tra le verdi colline pescaresi vengono praticati antichi rituali nei quali l'acqua assume un significato terapeutico. Nella contrada Villa Santa Lucia del comune di Collecorvino, infatti, esiste una fontana dedicata a Santa Lucia dalla quale  sgorga  un’acqua ritenuta miracolosa per curare le patologie degli occhi. Ogni anno, in occasione della Festa di Santa Lucia, i fedeli prendono un vialetto alla destra della chiesa che li conduce ad una semplice vasca rettangolare alimentata da tre cannelle. Dalle due più piccole esce l’acqua miracolosa usata per aspergersi gli occhi.

I festeggiamenti in onore della Santa avvengono la seconda domenica di maggio.

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Il Culto delle acque: Fonte di Sant’Onofrio

di Acque Sacre

In prossimità dell’Eremo di Sant’Onofrio si trova una semplice fontana dall’acqua taumaturgica. I devoti vi si bagnano e ne fanno scorta per utilizzarla nei momenti di difficoltà o donarla a parenti e amici. Il rito viene ancora praticato in occasione della festa di Sant’Onofrio. 

È tradizione, la sera dell’11 giugno, esporre una croce illuminata con materiale bituminoso (Fuoco di Sant’Onofrio) e il giorno dopo raggiungere in processione l’eremo portando dal paese una copia della statua del santo eremita in quanto spostare l’originale, custodito nell’eremo, causerebbe grandi disgrazie. Si racconta anche della volta in cui la statua, portata in paese, fuggì per tornare nella sua dimora abituale.  

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