Il culto delle acque: la fonte del Garzillo a Lettomanoppello
- di Acque Sacre
Nel territorio di Lettomanoppello, l'acqua della Fonte del Garzillo, grazie all'intercessione dell’Arcangelo Michele, veniva considerata terapeutica. Bellotta e Giancristofaro (1999, p.225) ricordano che:
L’8 maggio, gli abitanti di Lettomanoppello si recano, per antica consuetudine, presso una grotta dedicata al culto di San Michele Arcangelo. Sotto la grotta scorre l’acqua proveniente dalla Fonte del Garzillo, la cui origine viene attribuita dalla tradizione ad un intervento diretto del Santo.
I pellegrini, dopo aver partecipato alle funzioni religiose, si recavano presso la sorgente sottostante per bere e bagnarsi con l’acqua di Sant’Angelo, ritenuta terapeutica. All’interno della grotta è presente una statua del Santo e ad essa è legata una leggenda locale: la statua anticamente si trovava vicino ad un’altra sorgente, nel territorio di Serramonacesca. Le donne di questo paese si recavano quotidianamente a lavare i panni presso questa fonte e, come consuetudine, si accompagnavano con chiacchiere e canti. San Michele, infastidito da queste chiacchiere, decise di cercarsi un posto più tranquillo in una zona più solitaria e difficile da raggiungere.
Grotta di Sant’Angelo: frequentata già nel Paleolitico superiore, la grotta è localizzata a breve distanza dal Fosso di Sant’Angelo, sotto le cave di pietra del paese di Lettomanoppello. Essa risulta costituita da un androne, largo circa 22 metri e profondo 8 metri, diviso in due da uno sperone roccioso posizionato quasi al centro. Nel secondo ambiente, su un alto zoccolo, che in lunghezza occupa quasi tutta la cavità, è posta la statua di San Michele Arcangelo (attualmente in copia). L’originale del XIII secolo, eseguito dalle maestranze che operarono nella Chiesa di San Tommaso di Caramanico, è custodito nel Museo delle Genti d’Abruzzo di Pescara. L’Arcangelo viene raffigurato con la mano destra alzata nell’atto di trafiggere il serpente alato che è posto ai suoi piedi. Molto probabilmente essa fu portata nella grotta nel XIV secolo quando il Monastero e della Chiesa di San Tommaso passò tra i possedimenti di Santo Spirito a Majella. Quasi al centro dell’androne si trova il “letto di Sant’Angelo” un piccolo recinto rettangolare che delimita un’area di 160x130 centimetri pavimentata con lastre di pietra. La recinzione raggiunge un’altezza di 60 centimetri nel lato più alto.
L'abitato
Posto sulle estreme propaggini del versante nord-orientale del massiccio della Majella, il territorio di Lettomanoppello fu abitato sin dal Paleolitico da gruppi di cacciatori-raccoglitori, come confermato dal rinvenimento, in località Costa dell’Avignone, di un’industria litica levalloisiana e clactoniana. Ad epoca protostorica appaiono riferibili i reperti individuati nella Grotta archeologica delle Praie, mentre al periodo italico apparterrebbero antiche tracce individuate nell’area della Fonte Marte.
Citato come Terra Lecti prope Manopellum, il paese era un castello nei tenimenti di San Clemente a Casauria. Nel VII secolo, venne inglobato nella Diocesi di Chieti e nel 1279 risultò essere la quarta parte di un feudo posseduto da Abamonte Di Letto. Nel 1338, era proprietà della famiglia Orsini, conti di Manoppello, successivamente fu feudo della famiglia De Lecto (1385), una delle più nobili e antiche di Chieti. Alla fine del Seicento, Lettomanoppello apparteneva ai baroni Dario di Chieti.
Il nucleo più antico si estende con una forma allungata in direzione nord-est e risulta formato da edifici a blocco che si affacciano su vicoli nei quali si possono ammirare portali, stipiti, chiavi di volta e decorazioni in pietra della Majella abilmente lavorati dagli scalpellini.
Nel territorio di Lettomanoppello, grazie agli affioramenti di bitume, esisteva già in epoca romana una fiorente industria mineraria come confermato dal rinvenimento, nella contrada Pignatara, di un reperto costituito da un pezzo di asfalto purificato a forma di parallelepipedo lungo 35 centimetri, largo 26 e alto 10 centimetri, con impresso un bollo sul quale è riportata la seguente iscrizione: ALONI C. F. ARN. SAGITTA. Gli studiosi hanno ipotizzato la presenza di un’industria asfaltifera appartenuta ad un certo Alone Sagitta della tribù Arniense. L’asfalto lettese, impiegato per impermeabilizzare le navi, aveva un ampio mercato attestato dal rinvenimento di monete della Repubblica d’Amalfi (secc. XII-XIII) presso l’ex chiesa di Santa Liberata.
Bibliografia
Bellotta I. e Giancristofaro E., Guida Insolita ai misteri, ai segreti, alle leggende e alle curiosità dell’Abruzzo, Newton & Compton editori, Città di Castello, 1999, p. 225.