Viaggio a Farinola, (Farindola) tratto da I Viaggi Adriatici di Serafino Razzi

di Acque Sacre

VIAGGIO A FARINOLA
Alli 15 di luglio 1575 andai con un compagno a piedi a um Terretta cinque miglia lontana da Penna, detta Farinola, posta alle radici di altissime montagne, in un alto colle, sotto di cui corre gelidissimo fiume Tavo, poco lontano dalle proprie fonti. Si cantò da i Rev. preti la solenne messa di San Quirico e di Santa Giulietta sua madre, la cui festa celebrano in tal dì questi popoli. Dopo la qual messa cantata io dissi la nostra bassa, e quella finita per esser l’hora tarda, si andò a desinare.
Et alquanto dopo pranzo, essendosi ripiena di popolo la chiesa, predicando fondai la sacra compagnia del santissimo Nome di Dio, essendoci molti anni prima stata posta la compagnia del santissimo Rosario. Finita la predica tornai a riposarmi in casa deI Rev. prete, Don Baldassarre. Et ecco che qui comparve un giovane mugnaio, il quale sopra di una bene accordata arpa cantò a ciascheduno di noi che presenti eravamo, all’improvviso molto attamente. E così nostro signore Iddio pone le sue grazie, e comparte i suoi doni, bene spesso ancora in persone semplici, et idiote.
Farinola, Terra di circa 220 fuochi, vogliono che deve dirsi Ferinola, dalle fiere che abondano attorno di lei nelle vicine selve, come porci cignali, capri, lupi, et orsi: e perché anche le persone in lei habitanti, per la vicinanza di somiglianti bestie, tengono elleno ancora del fermo, et alpestre. Tiene questa Terra per insegna un core di orso.
Dicesi che in lei sono tre scuole: nella prima s’impara di fare alla lotta. Nella seconda di sonare il corno. E nella terza s’impara il modo di afrontare l’orso. Quando vogliono ragunare il loro consiglio, suonano un corno, ma prima serrano le porte del castello, che altramente tutti i porci che sono fuori a i pascoli, ritornerebbeno dentro. Gli essercizii loro, oltre alla coltivazione delle proprie terre, e campi, sono di lavorare madie, et arche et altre si fatte cose, havendo dalle vicine selve copia di faggi, e di altre sorte legnami, come aceri, e simili.
Diedi loro l’arra per un arcone di 30 some di grano, e d’una minor arca di 12 some per la farina, in servizio del nostro convento di Penna, e con patto di pagare un carlino per soma.
E la sera stessa ce ne ritornammo per lo fresco a casa, riportandone una tortorella donataci, dimestica, ma sola, e piangente la morta sua compagna.

Razzi S., La vita in Abruzzo nel Cinquecento, Diario di un viaggio in Abruzzo negli anni 1544-1577, Cerchio, Adelmo Polla Editore, ristampa 1990
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