Una citazione ai bruchi e la terra di san Domenico, Antonio De Nino
- di Silvia Scorrano
Stimato da Luigi Pirandello e da Gabriele D'Annunzio il De Nino guardò con occhio benevolo, ma non per questo privo di malizia, gli usi del popolo abruzzese.
Abbiamo già trattato San Domenico, ne Il culto delle acque sacre: la grotta di San Domenico a Villalago, e Le Fanoglie di Villalago, in questa sede, in compagnia del "Peligno di grande stirpe, Poeta delle memorie tenace" così come venne definito da D'Annunzio, ci lasciamo deliziare da alcuni sistemi per la lotta contro i bruchi....
LXXIX
Una citazione ai bruchi e la terra di san Domenico
Nell’anno del Signore 1786, il territorio di Pacentro fu infestato dai bruchi. I Pacentrani allora supplicarono la Corte Baronale, affinché si mettesse di mezzo per impedire la rovina dei campi; e la supplica comincia col ricordare che Dio disse all’uomo: Dominamini piscibus maris et volatilibus coeli. Séguita poi a dire che gli animali bruti che si fanno vincere dall’istinto, a scapito degli animali ragionevoli, possono esser richiamati a dovere o con mezzi soprannaturali o con mezzi naturali. Non essendo stati sufficienti i mezzi soprannaturali, cioè le penitenze pubbliche e gli esorcismi, come dice la supplica, si ricorse ai mezzi naturali, e si fece istanza alla Baronal Corte onde si compiacesse «ordinare alle Locuste ed ai Bruchi, che sotto perentoriale ristretto termine senza ulteriormente devastare li prodotti e producendi frutti sgombrassero dal medesimo tenimento e andassero indove non potessero recar pregiudizio all’umana società» La supplica conchiudeva così: « Ed in caso di trasgressione, o di ritardata obedienza, fan’ istanza condannarsi alla morte (locuste e bruchi!).»
La Corte Baronale esaudì la supplica, e il Governatore Luigi Vadini comandò ai nocivi insetti che si rimettessero la via fra le gambe e andassero almeno dove non erano conosciuti: — «Caveant (dice l’ordinanza del Vadini) de’ contrario sub paena indignationis, et disgratiae Divinae Majestatis.» — Quindi il Mastrodatti Giuseppe Trippitella dichiara: «Pacentro li 12 Giugno 1786.... Crescenzo Gentile publico Balivo di questa Corte con giuramento ave riferito di essersi oggi giorno suddetto conferito personalmente colli Sindaci e testimoni, ec. di questa Terra, ed ivi ave notificato la retroscritta istanza, ec. ed ave fatto ordine preciso comandamento alli Grilli, e Bruche che sotto pena, ec. si fussero partiti, ec. ec. e andarsene in altri luoghi, ec. ec. ec.» — E tutto questo da un autentico documento che è presso di me.
Ma lasciamo il settecento che usava le lucerne a olio, e veniamo al secolo dei lumi a petrolio o gas o ad elettrico: oggi, in molti paesi degli Abruzzi, quando le condizioni atmosferiche favoriscono lo sviluppo dei bruchi, si chiama subito e con insistenza un prete, acciocchè secondo il rituale, proceda allo scongiuro delle imprudenti bestioline. E oggi ancora in diversi paesi, per esempio in Anversa, si crede poco allo scongiuro; ma si crede molto e si ricorre quasi sempre a San Domenico di Cocullo. Nella chiesa del Santo si raccoglie l’immondezza del pavimento o la scrostatura del calcinaccio o che so altro, che chiamano la terra di san Domenico; si reca poi al proprio paese e si sparge per la campagna (1). I bruchi poco dopo scompariscono. E sì che scompariscono, perché se n’escono dal fodero e battono le ali. Ma i bachi da seta non fanno lo stesso, senza la scopatura della Chiesa di san Domenico?
Note:
(1) In Bugnara e Vittorito, la terra di san Domenico si sparge per allontanare i serpi.
Fonte: Antonio De Nino, Usi Abruzzesi, Firenze, Tipografia di G. Barbera, 1879, pp.175-177.
Sempre dal volume Usi Abruzzesi:
La Domenica delle Palme di Antonio De Nino
Gli usi popolari, alcune considerazioni di Antonio De Nino
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