Eremo di sant'Onofrio all'Orfento, Caramanico Terme

di Silvia Scorrano

Raggiungere l'eremo di sant'Onofrio all'Orfento vuol dire immergersi nel silenzio delle montagne abruzzesi per scoprire nei punti più alti i segni della presenza umana.
Nell'animo dell'escursionista l'incredulità per la vista di antichi manufatti dovrebbe essere presto sostituita da un moto di simpatia e di rispetto verso coloro che li abitarono: dagli eremiti di un tempo, ai pastori, ai prigionieri di guerra e ai civili che, in fuga dai Tedeschi, in questi boschi trovarono rifugio.
Guardare la montagna di oggi pensando al passato diventa la chiave di lettura che ci consente di amarla, di capirla: non è solo la nostra palestra, il luogo dove avventurarsi per sfidare i propri limiti per mettersi alla prova.

 

E' qualcosa di molto più complesso, è il luogo della storia, di una storia millenaria, sorta dal mare, ripiegatasi più volte su se stessa fino a creare spettacolari disegni nella dura roccia.

 

E' il luogo dell'erosione, delle piante ad alto fusto, dell'aquila che vola alta nei cieli, del cervo e del capriolo tornati ad abitare le pendici dei monti nell'ultimo ventennio del Novecento. 

 

è il luogo dei fiori, del lupo, del silenzio, del mormorio del fiume. 

 

 

E' il luogo di un delicato e mutevole equilibrio, immergiamoci in esso ricordando che siamo solo ospiti temporanei di una Riserva integrale. L’accesso non è libero, bisogna richiedere le opportune autorizzazioni al Centro Visita Valle dell'Orfento di Caramanico Terme.
Per raggiungere l’eremo il percorso è lungo e piuttosto impegnativo, si prevedono diverse ore di cammino; volendo evitare di avventurarci da soli ci accompagna Salvatore Costantini, guida ambientale escursionistica, profondo conoscitore degli aspetti naturali ed antropici della Valle dell’Orfento.

 

Troviamo numerosi segni della presenza dei lupi che presto diventano oggetto della nostra conversazione, ricordo le parole di Paolino, il poeta pastore di Decontra: 
I lupi erano sempre presenti, erano dentro i boschi, sopra le montagne, maggiormente nei canaloni più brutti, e qualche volta di notte, venivano pure al paese. I lupi erano vicini ai torrenti, nei posti rocciosi, nei punti più scomodi. Mio nonno mi raccontava altre scene di quando andava a pascolare nei boschi, quando nei pascoli l’erba buona era finita. Se una pecora si perdeva in mezzo al bosco o rimaneva indietro a bere nel torrente l’acqua fresca, subito un lupo la scannava: erano sempre presenti.

 

Ma già alla fine degli anni trenta del Novecento erano quasi scomparsi, i carbonai di Guardiagrale nel 1938, senza nessuna paura e pietà li ammazzarono, come ci racconta Paolino in  Le storie dei lupi di Paolo Sanelli... 
Dopo circa tre ore di cammino iniziamo a vedere i resti dell'Eremo di Sant'Onofrio all'Orfento. 

 

Della struttura rimane una parte del muro laterale della chiesa -  un tempo lungo circa 14 metri e un'altezza massima di 3,15 metri -  lo stipite di destra dell'ingresso, con un solo elemento dell'arco del portale, e la parte sinistra di un piccolo archetto superiore.

Il tetto appoggiava sulla parete rocciosa tramite una cornice lunga 10 metri. Purtroppo alcuni dipinti descritti dal Micati non sono più visibili:
Residui di intonaco dipinto si vedono sulla parte frontale dove - come mi sembra di ricordare - negli anni '60 si distingueva una figura, anche se appena discernibile. Altre tracce, con motivi floreali in rosso mattone e nero, sono all'interno del muro laterale e sulla parete rocciosa. Tutta la parete all'interno della chiesa doveva essere intonacata e dipinta, a giudicare dai resti distribuiti su tutta la lunghezza. Anche all'esterno, la parete laterale reca tracce evidenti di intonaco dipinto per tutta la sua lunghezza. Prevalgono il colore rosso e l'azzurro intenso. In alcuni punti ad esso si sovrappone un rozzo intonaco. L'Eremo non finiva qui, ma si sviluppava ancora per 15 metri seguendo la parete

Sant'Onofrio all'Orfento non risulta menzionato dai biografi di Celestino V, né viene citato nelle testimonianze raccolte durante il processo di canonizzazione del Papa eremita, pertanto se ne ipotizza un'origine, o ricostruzione, più recente. Nei primi del Novecento divenne dimora temporanea di pastori e boscaioli, anzi fu proprio un mulattiere della frazione di Santa Croce ad allargare il portale della chiesa per agevolare il passaggio al mulo carico di legna. 

 

La presenza di alcuni simboli di devozione ci ricordano che siamo all'interno dei resti di un edificio religioso ancora oggi venerato e dedicato a un monaco copto, vissuto nel V secolo, figlio del re di Persia. Si racconta che per settant'anni Onofrio sia vissuto in solitudine, coperto da capo a piedi solo da lunghi capelli e da qualche foglia, nutrendosi di erbe e riparandosi nelle caverne. Un angelo la domenica gli portava l'eucarestia.
In Abruzzo il monaco persiano è patrono di altri due luoghi di culto rupestre nei quali vengono praticati rituali legati alla sacralità dell'acqua: l'Eremo di Sant'Onofrio a Maiella nel comune di Serramonacesca e a Sulmona l'Eremo di Sant'Onofrio al Morrone.   

 Riscendiamo dall'Eremo e costeggiamo il fiume: in alcuni tratti disegna affascinati cascatelle, in altri ristagna; Salvatore ci indica una pozza insoglio, usata dai cinghiali e dagli altri ungulati per fare bagni di fango.

 

 

In lontananza si intravede l'eremo-grotta di Sant'Angelo all'Orfento. Nella mia mente è ancora vivo il ricordo delle parole di Paolino: 
A quei tempi si andava per eremi, che nella nostra zona ce ne sono veramente tanti. I nostri nonni ed i nostri padri e le nostre nonne e le nostre mamme, avevano tanta devozione per questi eremi. Anche durante le mie uscite con le pecore, quando andavo a pascolare, passavo spesso vicino a questi eremi: Sant’Angelo, San Benedetto, Sant’Onofrio, Santo Spirito, San Giovanni, San Bartolomeo, Sant’Antonio e Santa Maria. Raccontavano i nostri nonni, che in certi tempi molto lontani, nella valle di Santo Spirito, nella Valle dell’Orfento e nella valle Giumentina, c’erano sette fratelli e una sorella, tutti eremiti che poi hanno costruito gli eremi per far penitenza.

 

 

... ormai stiamo per abbandonare la Valle dell'Orfento, la montagna che con la sua maestosità oggi a noi appare quasi inospitale un tempo ha dato rifugio a eremiti e pastori... chiudiamo il nostro racconto con Serafino Razzi (1576) testimone della vita tra i monti:   
Alli 5 Aprile, essendo cessato il vento, andai dopo mezzo dì circa due miglia, a visitare una chiesetta di Sant'Angelo, edificata sotto una grotta, e sopra il fiume Orfento, alle radici della Majella. D'Intorno a cui si veggono, più altre grotte per caprari e pastori. I quali in tempo di estate per la comodità dei pascoli, e delle acque, ci vengono con le loro greggi a passar gli cattivi calori...

 

Bibliografia

Edoardo Micati e Sofia Boesch Gajano, Eremi d'Abruzzo e luoghi di culto rupestri, Pescara,Carsa, 1996.

Paolo Sanelli, I miei sogni sono stati tutti sulla Maiella. Ricordi di un pastore raccolti ed elaborati da Marco G. Manilla, Ortona, Editore: D'Abruzzo Libri Edizioni Menabò, 2001

 Serafino Razzi, La vita in Abruzzo nel Cinquecento, Diario di un viaggio in Abruzzo negli anni 1544-1577, Cerchio, Adelmo Polla Editore, ristampa 1990

Sempre su Paolo Sanelli: I miei sogni sono stati tutti sulla Maiella. Ricordi di un pastore raccolti ed elaborati da Marco G. Manilla, Le storie dei lupi di Paolo SanelliGli eremi - Paolo Sanelli, I miei sogni sono stati tutti sulla Maiella , San Giovanni all\'Orfento raccontato da Paolo Sanelli. Tratto da \"I miei sogni sono stati tutti sulla Maiella\" D\'Abruzzo Edizioni Menabò.,   I racconti della guerra, tratto da Paolo Sanelli .

Su Sant'Onofrio si veda: Sant\'Onofrio nella tradizione abruzzese , San Terenziano visita Sant\'Onofrio , Il Culto delle acque: Fonte di Sant’Onofrio ,  Papa Celestino V e l\'eremo di Sant\'Onofrio al Morrone,

 

Per informazioni su itinerari escursionistici http://www.majambiente.it/La-Valle-dell-Orfento.htm

 

 

 

 

 

 

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